Silvia: due donne, un’azienda e una sfida da supereroi 

Copertina intervista Silvia Sbarra

Indice

Silvia Sbarra

Iniziamo con le presentazioni. Chi sei e cosa fai?

Sono Silvia Sbarra, lavoro per l’azienda Silvia, fondata nel 1963 dalla mia nonna paterna. 

Lei era già “figlia d’arte”; proveniva da una famiglia di imprenditori tessili brianzoli: l’amore per il mondo dei tessuti lo aveva nel sangue. 

Qual è stata l’evoluzione dell’azienda Silvia negli anni?

I miei bisnonni avevano una tessitura specializzata nella produzione di biancheria per la casa, soprattutto tovaglie e lenzuola. Questa azienda ha lavorato fino a poco tempo fa, poi vicende e difficoltà legate soprattutto alla pandemia hanno fatto terminare la produzione. 

La vita della mia nonna paterna cambiò dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando durante una festa incontrò un bel ragazzo del nord della Toscana che ben presto divenne suo marito. 

Una volta sposata, decise di non aderire agli standard dell’epoca che voleva le mogli dedite solo alla famiglia. 

Lei scelse di continuare a lavorare nel campo della sartoria nella sua casa-bottega mentre il marito portò avanti il suo lavoro da commerciante di tovaglie e tessuti. 

Come avrete intuito mia nonna è sempre stata un po’ fuori dagli schemi e la furbizia l’ha sempre contraddistinta: nascondendo a tutti la sua attività di imprenditrice si fece assumere in un’azienda brianzola di produzione tessuti plissettati, carpì tutti i segreti di questa tecnica e iniziò a produrli lei. 

Purtroppo, morì molto giovane, lasciando un marito e due figli piccoli. 

L’azienda ha continuato a vivere, specializzandosi nel campo della pigiameria ed arrivando negli anni Ottanta a produrre solo pigiami da donna, attività che ci contraddistingue ancora oggi. 

Quali sono le caratteristiche principali dei vostri prodotti?

Ogni nostro capo è realizzato in Italia

L’unica eccezione è rappresentata dall’acquisto di alcuni tessuti dalla Turchia, selezionati in base alle certificazioni di qualità che lo caratterizzano. 

Abbiamo deciso di optare per una linea di produzione completamente Made in Italy per garantire il rispetto delle regole in vigore nel nostro Paese per quanto riguarda gli ingredienti ed il trattamento degli scarti del processo di tinteggiatura dei tessuti. 

Realizzate ogni fase della produzione all’interno dell’azienda?

Si, i modelli ed i disegni nascono proprio qui in azienda, siamo una realtà familiare

Mio zio, fratello di mio padre, segue tutta la fase di produzione e sviluppo della modellistica: lui trasforma un’idea in un prodotto distribuibile su grande scala. 

Abbiamo due laboratori che lavorano per noi esternamente per cucire ed assemblare i modelli; qui in sede li controlliamo, li impacchettiamo e li distribuiamo. 

Sia tu che l’azienda vi chiamate Silvia, è un caso?

Non è un caso, Silvia era il nome della mia nonna paterna; lo abbiamo ereditato sia io che l’impresa di famiglia. 

Qual è il tuo ruolo?

Dico sempre che spesso ho come la sensazione di lavorare per due aziende separate. 

Il B2B è l’ambito principale della mia attività quotidiana: mi occupo di raccolta e gestione ordini, seguo qualche cliente storico qui in Lombardia e tengo i rapporti con i fornitori.  

Vado anche in giro alla ricerca di disegni e modelli particolari: è sempre utile prestare attenzione alla richiesta, ma è anche stimolante dare un’impronta personale alla produzione.  

Il lockdown mi ha aperto la strada verso una nuova avventura: abbiamo avviato il nostro shop online e da quel momento ho portato avanti anche l’ambito b2c del brand Silvia, un mondo che mi ha fatta aprire al mondo social e superare la mia timidezza. 

Ho iniziato a mostrarmi e a creare un vero calendario editoriale di contenuti per i nostri clienti, con cui si è creato un dialogo diretto ed aperto. 

L’opportunità di confrontarmi con il cliente finale mi dà grandi soddisfazioni; il nostro e-commerce registra meno dell’1% di resi e questo mi fa capire che abbiamo creato una community che ci rispecchia. 

Ci racconti uno dei momenti più significativi di questa avventura digitale nel b2c?

Ho deciso di creare una rubrica in diretta social dal nome coccole del venerdì in cui seleziono alcuni modelli e li propongo in vendita tramite questo canale: ho fatto sold out in circa due ore! 

Percepire quanto i nostri clienti apprezzino l’attenzione che da sempre prestiamo alla sostenibilità mi regala sempre grande soddisfazione: negli ultimi tempi abbiamo provato a produrre pochi pezzi con prezzi minimi, spiegando che il tessuto con cui sono realizzati è un “fine pezza”. 

Si tratta degli ultimi 5-6 metri di tessuto che solitamente si mandano al macero: questo tipo di produzione, una volta raccontata, spesso va esaurita nel giro di pochissimo tempo. 

La tua sfida in questo momento?

“Raddrizzare” i clienti istituzionali. 

L’azienda gode di ottima salute per quanto riguarda i reparti produzione ed amministrazione; purtroppo, invece i rivenditori, in questo momento, hanno grandi problemi economici, finanziari e di liquidità. 

I tempi di rientro dello sforzo produttivo stanno diventando davvero impegnativi. 

Ogni giorno ci confrontiamo con i competitor per capire se anche gli altri soggetti del settore vivono lo stesso disagio e purtroppo non facciamo altro che confermarci a vicenda questa difficoltà. 

Parliamo di futuro: tra 10 anni Silvia avrà un successo planetario. Come te lo immagini?

Il sogno è chiaro e ben definito: per me successo planetario significherebbe avere un rivenditore in ogni Stato degli USA.  

Quando faccio questi sogni ad occhi aperti mi rendo conto di soffrire della sindrome dell’impostore: a volte mi sento in colpa a vendere perché so che il pigiama non è un bene di prima necessità. 

Poi però penso a come realizziamo i nostri capi e quanta attenzione all’etica della produzione e della vendita mettiamo quotidianamente nei nostri prodotti e mi risollevo, soprattutto quando mi rendo conto che tutti questi aspetti vengono colti ed apprezzati dai nostri clienti finali. 

Che consiglio daresti alle giovani imprenditrici?

Non aspettate la “benedizione” dei più grandi. 

A volte è necessario anche fare scelte difficili e serve essere convinte di ciò che si sta facendo: ad esempio quest’anno ad ottobre termineremo la linea di produzione invernale metteremo le nostre collaboratrici in cassa integrazione per un mese.  

È una decisione difficile, presa per mantenere tutti i posti di lavoro in produzione e per cercare di ridurre al minimo i consumi, nel rispetto dei valori di sostenibilità che da sempre contraddistinguono il brand Silvia. 

Stiamo anche valutando di passare da cinque a quattro giorni lavorativi sempre nel reparto produzione.  

Il contesto non è dei più semplici, ma abbiamo superato la pandemia ed il lockdown:  direi che possiamo considerarci a tutti gli effetti dei veri supereroi. 

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